mercoledì 27 gennaio 2010

La questione è semplice: le paure seguono uno schema gerarchico. Tutte le paure dipendono da una paura più grande, e ne esistono di molti tipi. La mia? E’ la paura di morire da solo. Sottolineo il fatto che la mia non è “paura di morire”, è “paura di morire da solo”. Questa sera me ne andrò a letto, sperando di trovare un pò di calore sotto le coperte, sentendomi, per l’ennesima volta, sola. Ciò non dipende dal fatto che, nel letto, ci sarà solamente una persona (la sottoscritta), ma da come mi sento dentro. Mi sento maledettamente solo. Soluzione? Nessuna. Inutile che io stia a pensare ad un rimedio dell’ultimo momento come invitare qualcuno, telefonare a qualcuno, scrivere a qualcuno; nemmeno lasciare queste parole nel blog servirà a qualcosa. Oggi ho fumato, nonostante stia poco bene, ma diciamoci la verità: a chi importa? Non importa a me stesso, foguriamoci se può interessare a qualcuno il fatto che io mi faccia del male o meno. Sono convinta del fatto che la mia esistenza non faccia la differenza. Un giorno me ne andrò, nel silenzio di una stanza qualunque come questa, di un palazzo qualunque come questo, di una città qualunque come questa, di un Paese qualunque come questo, e nessuno se ne accorgerà. Sarò come un vagabondo morto, il cui corpo, steso a terra sul marciapiede, viene scavalcato dai passanti frettolosi d’inseguire la loro vocazione: l’indifferenza.



Questa sera potrei urlare, disperandomi, piangendo, ma l’unica cosa che mi sento di fare è stendermi in silenzio e aspettare, aspettare che questo momento passi. Lascio vagare la mente, non avrei nemmeno voglia di scrivere, non avrei voglia di niente. La cosa che più mi fa incazzare è che io non sono così, non sono una persona portata alla tristezza, basterebbe così poco per far di me una persona felice, serena, affidabile, intraprendente, dolce, sensibile, la solita persona migliore che sento di poter essere ma che per qualche motivo non riesco a diventare; così colpevolizzo il mondo, il mondo intero, perchè non sa donarmi nemmeno quel poco che mi basta. Reputo questo mondo ingiusto, codardo, meschino

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